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PLATFORM
(ZHANTAI)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 marzo 2008
 
di Jia Zhang-Ke, con Wang Hong-Wei, Zhao Tao, Liang Jing-dong, Yu Lik-Wai, (Cina, 2000)
 

Ripresa, grazie alla preziosa rassegna "La Cina è vicina" proposta dai Cineclub, di uno dei film più affascinanti, assolutamente fondamentali del cinema cinese degli ultimi decenni. Opera seconda di un giovanissimo cineasta, allora nemmeno trentenne, che nel 2006 si sarebbe visto assegnare il Leone d'Oro a Venezia con STILL LIFE, PLATFORM è una cronaca di pochi che sa farsi, con splendida misura poetica e sociale, riflessione sul destino di tutti. Più precisamente, è la storia di un piccolo gruppo di attori - musicisti nel villaggio di Fenyang, nell'interno preservato cinese, ad un paio d'ore dai percorsi mitici di un fiume Giallo che intuiremo scorrere in lontananza ravvicinata. Itinerario dal 1979 al 1989, dall'adolescenza di quei giovani non molto diversi da tutti i giovani che trasgredivano grazie alla zampa d'elefante dei pantaloni; ma fino alle prime avvisaglie di un'età adulta così clamorosamente modificata com'è stata quella della società cinese, dagli anni immediatamente successivi alla scomparsa di Mao alla rivoluzione culturale, le riforme politiche, le "porte aperte", l'arrivo della società dei consumi.


Dall'inverno all'estate, PLATFORM si costruisce così sul doppio destino del privato e del pubblico: in primo piano, però, sullo stesso piacere, e sulla leggerezza della musica che anima i protagonisti; all'inizio è quella dei gruppi di animatori organizzati dallo Stato, che nei teatrini di campagna cantano le lodi del Buon Condottiere (ma già, di nascosto, ascoltano le canzoncine più autenticamente triviali diffuse da radio Taiwan); dieci anni più tardi, quella del rock della cultura di massa, in una troupe privatizzata da un poveraccio che sbarca il lunario. Persino di un buffo flamenco alla cinese: ora che farsi una permanente alla spagnola ed indossare l'abito rosso con lo spacco non è più passibile di anni di prigione. Passaggio illuminante, di come la storia e la politica incidono sugli individui, che la straordinaria misura dello sguardo del giovane cineasta colloca sempre su un piano di delicata, al tempo stesso matura introspezione. Lontana da ogni tesi didattica, da ogni ingessatura ideologica o storica.


Le ragioni sono ovviamente da ricercarsi nel talento di Jia Zhang Ke: ma, egualmente, nella costante, commovente energia di un ricordo che si sente animare il racconto. Talento e autocontrollo espressivo: ogni sequenza del film è perfettamente dominata dalla misura e dalla grazia, nella scelta dei piani-sequenza, delle inquadrature spesso fisse e riprese da lontano (in modo da iscrivere costantemente i personaggi e le loro emozioni nei significati di quanto esprimono gli sfondi), nell'impeccabile, quasi antonioniano equilibrio formale o cromatico delle singole inquadrature. Senza dimenticare l'intimità che sembra legare il regista ai suoi attori non professionali. Tutto ciò potrebbe condurre ad un sapiente e glaciale esercizio di stile: all'opposto, è la costante aderenza emotiva all'ispirazione autobiografica, che in quella sapienza espressiva fonde il canto del ricordo, delle emozioni giovanili che iniziano a discostarsi, allo scontro con le realtà esistenziali, e prepotentemente politiche e sociali che avanzano.


Nulla è mostrato, in PLATFORM, degli avvenimenti talora drammatci che avvengono nella Storia: ma tutto è contenuto in quel passaggio dalla noia e dalla frustrazione, dal rapporto complesso e spesso traumatico con un padre o una generazione cresciuta nei rigori politici e morali con l'esaltazione della partenza e del viaggio. Nelle illusioni, poichè tutti quegli apparentemente spensierati road-movies riconducono immancabilmente a Fenyang.


Quel treno (la "platform" del titolo, essendo il marciapiede di ogni stazione), che improvvisamente, in una delle più belle sequenze del film, sbuca nel deserto sorprendendo la scampagnata dei giovani attori, conduce tutto un paese verso la modernità che sappiamo; ma al villaggio dove sono ormai giunte le radio a transistor ed il padre moralista vive ormai in concubinaggio si finisce per tagliarsi i capelli e riesumare più tranquilli amori giovanili.


   Il film in Internet (Google)

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